La nascita di Ostia moderna

Secondo la leggenda, “Ostium”, l’attuale Ostia Antica visibile negli omonimi scavi, fu fondata su un castrum difensivo sorto per controllare l’accesso a Roma dal Mar Tirreno e dal Tevere oltre che per presidiare dalle incursioni dell’antica capitale rivale, Veio, dal quarto re di Roma, Anco Marcio, nel 634 a.C. Antico porto fluviale e principale sbocco marino della Roma regìa e imperiale, fu la terza città dell’impero costruita dopo Roma e Terracina, e la seconda colonia chiamata: “Decima legio” e fu abbandonata a partire dal quarto quinto secolo d.C. a seguito delle mareggiate, della cessazione della navigabilità del Tevere, la fine dell’impero e le invasioni barbariche.

Dopo quindici secoli di abbandono totale e sconvolgimenti sismici, climatici ed economici, relativi all’avanzamento verso l’entroterra della linea di costa, durante gli anni del ventennio fascista fu incentivata la rinascita urbanistica della nuova Ostia assunta a città balneare di vacanza per gerarchi assunta nel dopo guerra al titolo di: “Spiaggia dei romani”. Ostia risorgeva sul mare ed era collegata alla capitale dalla ferrovia realizzata nei primi anni del ‘900 con l’ausilio dei prigionieri della prima guerra mondiale in prevalenza provenienti dall’Austria e dall’Europa centrale. Un po come era già accaduto in passato quando i prigionieri austroungarici delle guerre di indipendenza furono utilizzati come “forzati” a partire dalla seconda metà dell’Ottocento e contribuirono ai primi scavi di Ostia Antica ed erano tenuti nelle prigioni interne al castello di papa Giulio II.

Nel 1927 la realizzazione della via del Mare, la prima autostrada gratuita e illuminata d’Italia, migliorò gli spostamenti e nel 1933 l’antica Ostium si trasformò ancora una volta per spostarsi lungo la costa con il nome di: “Ostia Lido di Roma”. In vista dell’Esposizione universale prevista per il 1942 che non si svolse mai a causa della guerra fu pianificata la costruzione dell’Eur e dello storico quartiere marino di Roma e fu progettata la via Cristoforo Colombo, il secondo accesso via terra. Al tempo chiamata: “Via imperiale”, la strada collegava Roma con il suo mare per favorire la nascita di quella “Terza Roma” che secondo Mussolini sarebbe dovuta rifondarsi sulle antiche origini latine del territorio. Il progetto era del 1938 ma la strada venne inaugurata parzialmente non così come la conosciamo e percorriamo ora, soltanto dopo la guerra, nel 1949.

La cittadina costiera di Ostia Lido fu pianificata e parzialmente realizzata secondo criteri urbanistici e temi stilistici propri dello stile “Novecento”, in stile moderno residenziale e pubblico. La zona fu suddivisa in una fascia nobile estesa lungo la costa, con villini eleganti usati come seconde case da gerarchi, nobili e romani più facoltosi, e un’altra parte interna per il popolo e i lavoratori a cui era garantito libero e gratuito accesso al mare, alle colonie estive e ai diversi dopolavoro sorti in quegli anni. A tale scopo fu istituita la: “Società Immobiliare Tirrenia” e tra il 1932 e il 1934 fu indetto un concorso internazionale rivolto ad attrarre i migliori architetti dell’epoca. In quegli anni furono realizzati la stazione centrale, il palazzo del governatorato, l’attuale sede del decimo municipio, l’edificio della posta centrale, diversi istituti scolastici, la Colonia Vittorio Emanuele III, caserme, ville e residenze sontuose e ad Acilia e Ostia Antica case popolari e uffici pubblici distaccati. Ultimo ma non di secondaria importanza lo stabilimento Roma, minato e distrutto insieme alla stazione del treno Roma-Ostia dai nazisti in ritirata che dopo lo sbarco alleato di Anzio nel 1944 temevano altri sbarchi in questa zona. Alla progettazione parteciparono architetti del calibro di Marcello Piacentini, Adalberto Libera, uno dei maggiori protagonisti del Razionalismo italiano, Pier Luigi Nervi, Vincenzo Fasolo, Angiolo Mazzoni, Luigi Moretti, Giovan Battista Milani, Camillo Palmerini, Giulio Magni, Mario Marchi e altri anche stranieri (leggi anche Edifici e architettura di Ostia)

[Foto: Federica Sequi | Some rights reserved]

Nel dopoguerra così come tante altre località e iniziative del governo Mussolini anche Ostia fu di nuovo abbandonata a sé stessa e nel corso tempo subì ancora una volta lo scempio e la depredazione delle ricchezze come ai tempi di Alarico e dei Goti. Così quel fulgido esempio di sano sviluppo urbanistico insieme ai suoi tesori emersi dalle paludi e dai pesi del tempo venne lasciato ancora una volta nel dimenticatoio e abbandonato all’incuria, al disinteresse e al degrado. Ostia divenne suo malgrado simbolo della seconda caduta dell’impero e così senza alcun piano stabilito da una qualunque centralità o volontà politica chiara sorsero spontaneamente borgate e sotto borgate proletarie con baraccopoli presenti in più parti del territorio.

Tuttavia un vento nuovo derivante dal boom economico di fine anni cinquanta e dei primi anni del sessanta avrebbe contribuito a una nuova rinascita e pur con le sue “Favelas” la città conobbe un nuovo periodo di prosperità. Grazie alla cinematografia, alla vicinanza con il centro politico nazionale della capitale e dell’aeroporto internazionale di Fiumicino, ci fu chi cominciò a investire o a reinvestire nelle attività economiche come era avvenuto qualche anno prima. Ostia tornò così alla ribalta grazie alla presenza sopratutto durante il periodo estivo dei vip dell’epoca, capi di Stato e di governi nazionali e internazionali, attrici e attori famosi, registi e cantanti in voga in quel periodo ma sopratutto per merito delle Olimpiadi di Roma del 1960.

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Il territorio fino ad allora era abitato da imprenditori, da commercianti lavoratori e pendolari con le proprie famiglie ma anche da ricchi e sopratutto da poveri e profughi di guerra che da Roma furono allontanati e gettati a Ostia come cose di cui vergognarsi e non far vedere al mondo intero. Tuttavia una rinnovata speranza per il futuro fece si che i romani iniziarono ad accorrere in massa nel loro ritrovato e riscoperto mare a bordo del trenino ma anche di fiammanti “500 Fiat” e motorini “Piaggio” come il mitico “Vespone”. Pian piano le borgate di chi decise di rimanere a vivere nel territorio si allargarono ma insieme alle case popolari arrivarono anche i dollari delle compagnie aeree di tutto il mondo che avevano necessità di trovare alloggi di qualità e alberghi di classe per i propri dipendenti. Furono così realizzate palazzine moderne e migliorata la condizione urbanistica del territorio anche tramite lo strumento tecnico del Piano regolatore generale di Roma del 1961.

Da quegli anni in poi Ostia e sopratutto i quartieri dell’entroterra crebbero e si svilupparono ancora ma in maniera eterogenea con contrasti sociali interni peggiorati dalla volontà della classe politica capitolina che mirava a speculare economicamente e politicamente sulle ricchezze e sopratutto sulle povertà della gente. Fino al culmine toccato nel 1975 con l’efferato omicidio Pasolini in cui l’immagine di Ostia conobbe il picco peggiore della sua storia conosciuta.

Finalmente con gli anni Ottanta vi fu un primo tentativo di autonomia locale politico amministrativa e a tale intento vennero istituite dal comune di Roma le prime forme di autonomia locale chiamate: “circoscrizioni” e rese operative e funzionali per decentrare poteri e uffici pubblici per modernizzare la capitale d’Italia. Per altri dieci, quindici anni, non accadde nulla fuorché cementificazioni, depredamento dell’ambiente e della natura, l’occupazione di spazi pubblici e residenze private in attesa di essere vendute ai migliori offerenti, oltre a poche opere di urbanizzazione che insieme all’abusivismo edilizio frutto delle speculazioni hanno costituito quello che fin da allora e a tutt’oggi chiamiamo dissesto idrogeologico. Infatti fin dagli anni settanta la corruzione dilagante fece i danni maggiori con cui oggi abbiamo un po tutti a che fare.

Negli anni Novanta l’agglomerato urbano, sociale e urbanistico era ormai sviluppato ma ancora colpevolmente privo di possibilità, di posti di lavoro che non fossero per pendolari, ma anche di scuole, di spazi di aggregazione e di uffici pubblici, di piazze e di giardini curati privi come si era di un vero spirito di comunità e identità che da soli avrebbero potuto scalfire il disinteresse, il degrado e tutto il resto.

[Foto: Federica Sequi | Some rights reserved]

Dagli anni Duemila in poi una nuova legge sul decentramento amministrativo della Capitale d’Italia portò il Campidoglio all’istituzione delle aree metropolitane ma i governi del territorio che si sono susseguiti non si sono dimostrati capaci di gestire al meglio la città e le sue immense potenzialità derivate dal mare, dalle pinete e dalla salubrità di aria e sabbia, dagli scavi archeologici di Ostia Antica, dalle aree industriali di Dragona e Acilia sud e da tutto ciò che proviene dal nostro passato e potrebbe garantirci addirittura il nostro futuro fornendo le speranze in questo presente attuale soltanto a voler investire sul serio nel turismo.


Autore: Stefano Lesti

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