La rocca di Ostia. Il Castello di Giulio II
Il primo edificio difensivo che si può apprezzare guardando il castello di spalle alla cattedrale di Sant’Aurea è il rivellino, una specie di fortino rivolto verso l’interno del borgo non cannoneggiabile, che costituiva una protezione alla porta d’accesso. La rocca, a forma triangolare irregolare a causa della posizione verso il Tevere, è dominata dalla presenza del mastio, alto 24 metri con un diametro di 15. Poiché il mastio era alto e quindi vulnerabile, fu posto al centro del bastione e costruito con una muratura di cortina di mattoni di molto più resistente alla cannonate.
Ma il castello non aveva solo funzioni difensive bensì anche quelle di una residenza signorile, alternativa privilegiata per il vescovo titolare che, soprattutto d’estate, la preferiva all’episcopio di Sant’Aurea. Per questa ragione la rocca venne dotata di una serie di ricercatezze architettoniche e spaziali ancora apprezzabili.
Alla metà del Cinquecento due episodi segnarono il declino della struttura: nel 1556 l’assedio dello spagnolo Duca d’Alba e l’anno dopo un terremoto devastante che provocò la fuoriuscita del Tevere dal suo letto con lo spostamento del corso d’acqua due chilometri più a nord, dove ricade a tutt’oggi. Spostandosi il fiume era decaduta definitivamente la funzione strategica del castello.
Tra gli elementi di decadenza del complesso monumentale anche la circostanza che nel castello vi vennero ospitati, nel secolo XIX, i forzati impiegati da papa Pio IX negli scavi della città romana di Ostium, e durante la Prima guerra mondiale tra il 1915 e il 1918, i prigionieri austroungarici e slavi, che vennero utilizzati per i lavori della ferrovia Roma Ostia.
Gli affreschi dello scalone del Castello di Giulio II
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Testo: Stefano Lesti